SORRY, BOYS
PROGETTO SPECIALE RESISTENZE FEMMINILI
di e con: Marta Cuscunà
Progettazione e realizzazione teste mozze: Paola Villani
Assistenza alla regia: Marco Rogante
Disegno luci: Claudio “Poldo” Parrino
Disegno del suono: Alessandro Sdrigotti
Animazioni grafiche: Andrea Pizzalis
Costume di scena: Andrea Ravieli
Co-produzione: Centrale Fies
Distribuzione: Laura Marinelli
Teste gentilmente concesse da: Eva Fontana, Ornela Marcon, Anna Quinz, Monica Akihary, Giacomo Raffaelli, Jacopo Cont, Andrea Pizzalis, Christian Ferlaino, Pierpaolo Ferlaino, Filippo pippogeek Miserocchi, Filippo Bertolini, Davide Amato
Lo spettacolo che chiude la sua personale trilogia sulle resistenze femminili: un percorso di ricerca iniziato nel 2009 con il premiato È bello vivere liberi! ispirato alla prima staffetta partigiana d’Italia, proseguito con la pratica cinquecentesca della monacazione coatta di La semplicità ingannata e concluso con il nuovo Sorry, boys che prende le mosse da un evento di cronaca americana recente. Comune denominatore di queste tre opere, che viaggiano nel tempo e nello spazio, è la condizione femminile colta in circostanze estreme e manifestata in scena attraverso i pupazzi. Il lavoro di performer di Cuscunà è complementare a quello artigianale di Paola Villani che realizza le maschere e i pupazzi che l’attrice fa vivere sulla scena. Già nei lavori precedenti avevamo apprezzato la tecnica dell’artista friulana nella manipolazione di questi straordinari oggetti di scena. La capacità di Cuscunà di dare voce, carattere, intensità a ciascun pupazzo è straordinaria. In Sorry, boys i pupazzi sono ridotti a teste mozze: 12 maschere, realizzate sui volti di altrettanti individui che ci hanno letteralmente messo la faccia, e fissate su pannelli di legno come trofei di caccia. Cuscunà si muove leggera dietro la struttura metallica che regge le teste, manovrando il meccanismo che regola il movimento facciale e producendo dodici voci dialoganti. Ciascuna con la propria identità vocale ed emotiva, che resta salda e definita nonostante il ritmo sostenuto del botta e risposta. Lo spettacolo si interroga su questo insolito progetto adolescenziale portando in scena lo sconcerto, la preoccupazione, la rabbia e l’inadeguatezza di chi ha subito la scelta delle ragazze: i genitori, il preside della scuola, la dottoressa dell’infermeria scolastica e, naturalmente, i ragazzi padri. Invano gli adulti danno la caccia alla “strega”, alla ragazza che per prima ha avuto l’idea e ha convinto le altre a stringere il patto. Le giovani si proteggono e si negano. L’unica traccia di loro in scena sono i messaggi che si scambiano in chat, proiettati su un display al centro del palco. La scelta consapevole di una maternità condivisa a sedici anni rappresenta quel ribaltamento della norma che terrorizza il sistema, che sfugge al controllo, che inchioda gli adulti alle proprie responsabilità e condanna i ragazzi per la loro immaturità. Cuscunà coglie con ironia e lucidità i cortocircuiti che innescano la rivolta.